Ischia by Gianni Mura

Ischia by Gianni Mura

autore:Gianni Mura
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2011-12-31T23:00:00+00:00


10.

Pina ha gli occhi rossi, dietro il bancone.

“Gesù, che disgrazia.”

“Abbiamo sentito, la tv parlava di tre morti, di una frana.”

“Quattro, i morti sono quattro. Tutta la famiglia di Paolino. Lui, la moglie, due creature. Il bambino più piccolo l’hanno trovato che era quasi chiaro. Povera, povera gente, poveri innocenti.”

“Dov’è successo?”

“Tra Campagnano e i Pilastri. Non è la prima disgrazia che succede.”

Magrite accompagna Michelle in albergo, arrivederci al pomeriggio. Poi chiama Peppe al cellulare. Risponde al primo squillo.

“Disturbo, Peppe?”

“Ma che dite, commissario? Non disturbate mai. Sono sveglio da un pezzo.”

“Mi è sembrato di vedervi spalare, in una sequenza del servizio in tv.”

“Sì, ero là, come tanti, a dare una mano, a sperare che si fosse salvato qualcuno.”

“Ma com’è stato possibile?”

“Se vi trovate fra un quarto d’ora alla fermata del 5 provo a farvelo capire. Ma non sarà facile capire, per voi che venite da fuori.”

Peppe arriva in anticipo. C’è ancora vento, ma l’intensità della pioggia è calata. Tante piccole frane hanno ristretto la strada che sale verso Testaccio. A Testaccio un’altra frana, più grossa. Il cielo è colore del piombo. Peppe e Magrite arrivano vicino al luogo del disastro. Dall’alto, si capisce che l’abitazione delle vittime sorgeva in una zona molto pericolosa. La frana, come una valanga di sassi e fango, l’ha investita e spazzata via come fosse di paglia.

“Li conoscevate, Peppe?”

“Lui sì, un bravo guaglione. Disoccupato e gran lavoratore, povero Paolino.”

“Sembra una contraddizione.”

“Qui è normale. Col turismo si guadagna in teoria da Pasqua a fine settembre, in pratica poco più di quattro mesi. E il resto dell’anno è dura. C’era da potare la vigna o vendemmiare? Chiamavi Paolino. Un solaio da vuotare, una barca da calafatare? Chiamavi Paolino. Un cesso da sgorgare, una fondamenta da buttare? Paolino. La casa che è stata la sua tomba se l’è costruita da solo.”

Magrite continua a guardare la scena, col cuore stretto. La casa era come fosse su una pista da bowling, e la frana una boccia che ha fatto strike. Resta come una ferita ocracea sul fianco del monte, un taglio dritto quasi chirurgico.

“Sapete cos’ho trovato, scavando? Il cane, poveraccio anche lui, con la bocca piena di fango, come se avesse cercato di dare l’allarme.”

“E chi l’ha dato, l’allarme?”

“I vicini di casa, che l’hanno schivata per un pelo. Vedete quel pezzo di muro bianco, oltre il canneto? Lì ci abitano Gaetano, che fa l’imbianchino, sua madre, sua moglie e i cinque figli. Dalla casa di Paolino saranno duecento metri, più o meno.”

“Abusiva anche quella?”

“Certamente.”

“E chi ci abita sa del pericolo che corre?”

“Certamente.”

“E perché continuano a starci?”

“Perché si pensa che le disgrazie, come le malattie, capitino sempre agli altri. Perché raramente viene giù tanta acqua come ieri. Se, per ipotesi, piovesse per una settimana non so quante case resterebbero in piedi. Perché non hanno un altro posto dove andare. Perché pregano santa Restituta, san Rocco, san Giorgio, san Vincenzo, san Leonardo, santa Maria Maddalena, san Vito, san Michele arcangelo, san Giovan Giuseppe della Croce, chi ci crede. Pregano Dio, la Madonna. Oppure non pregano. Tanto è uguale.



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